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La Divina
Commedia! È stata per me una fiamma bruciante, una lettura,
una partecipazione vissuta che ho coltivato per tante stagioni,
qualcosa che è divenuto specchio della mia anima del mio lavoro
per anni. Non è stato come quando ho illustrato il Lazarillo
de Tormes o Le stanze del Poliziano, il Vangelo di
San Marco o l' Apocalisse .
Qualcosa
di totalmente differente. Un testo che mi ha offerto una
lettura, una conquista, una continua lotta per la luce della
pittura, della forma, della scoperta del mistero delle parole di
Dante legata agli esempi universali della condizione umana. La
fantasia, la fede concreta nella pittura, non un' occasione
illustrativa di eventi.
Un
artista non può limitarsi ad una riproduzione grafica di
espressioni, di atteggiamenti, di composizione simbolica di
figure e di cose; pura raffigurazione che non può rispecchiare
la suggestione del sangue, dello spirito, dell'interpretazione
della poesia.
Scoprire,
vedere da un punto di vista non transeunte un mondo imperituro
creato con immagini concrete come rocce. In cui i sentimenti, le
passioni sono scolpite in forma assoluta, ma che noi leggiamo e
interpretiamo con gli occhi di oggi. La fede, l'amore, l'odio,
le passioni che come un magma ribollente commuovono
e scuotono nel profondo i sentimenti dell'uomo, come
nella Commedia, non può essere una mera illustrazione
grafica.
Un'altra ragione per me è stata fondamentale. La lettura della Commedia
non è solo un'immersione nella poesia, nella vita, nella
storia di un poeta, che compendiava in se, i come tutti gli eroi
del pensiero, tutte le passioni dell'umanità e della sua epoca. La storia della rappresentazione
delle forme non è passata invano. Il testo della Commedia non
è stato per me una prova illustrativa di pura rappresentazione,
ma una drammatica determinata azione. Affondare il bisturi nella
carne viva della mia pittura. Le illustrazioni della Commedia
di Doré sono un caso particolare. L 'afflato romantico
neogotico dell'epoca ha trovato in Doré una concordanza formale
di un romanticismo sentimentale adeguato ad una chiave di
lettura: una serie di illustrazioni nelle quali il gusto del
pubblico, del lettore, si identificava e si identifica tuttora.
Non
è stato così per me. Ho affrontato la Divina Commedia per
dare forma e figura alla voce più segreta di Dante, in simbiosi
con la mia pittura, con la realtà ed il sogno; per dare una
conferma alla mia lettura di Dante. Una forma certo tutta
particolare. Rendere tangibile, concreta, conforme a tutta la
mia esperienza tenendo conto dell'immagine della fantasia, non
della rappresentazione della storia.
In
un percorso, una traiettoria di anni in cui hanno coinciso
momenti di vita, di una realtà viva della poesia, delle scelte
non sempre didascaliche. L' Inferno, il Purgatorio, il
Paradiso sono stati gli elementi di una bilancia in cui
si compensano, si dipanano, volta a volta, i modi, le
invenzioni, dipinto per dipinto, la matassa, il filo della
poesia.
Così
i corpi si compenetrano, si fondono come larve infernali o
paradisiache o purganti in un amalgama creato dall'intrecciarsi
e fondersi delle anime che nascono e muoiono nel corpo del
colore. La violenza bestiale che appare, nella purezza di una
lieve deformazione dei corpi, il colore soave del peccato,
l'abisso del cielo e la luce bianca dell' Inferno. Il
soprannaturale ingigantisce e sfilaccia le forme; il fuoco è
fiamma concreta che si fa corpo. La poesia è leggenda, ma anche
rapporto diretto con la pietra e il caos immondo. Caino nel
secondo canto del Paradiso? Ho cercato, scavato nel
profondo della realtà, del mito vivo nella poesia. Ho trovato
in ogni dipinto le molteplici ragioni dell 'atteggiamento dell
'anima, delle deformazioni di ogni figura, di ogni viso, dello
sguardo. Lo stimolo del colore, dettato dalla molteplicità dei
significati, dalla suggestione emotiva, dagli scontri di idee
riferita ad epoche differenti, anche della mia vita. E stata una
partecipazione attiva e vissuta giorno per giorno per sei anni.
Il
magma informe del colore, delle linee, assume così a poco a
poco una configurazione globale. Si inventa e cresce nel
continuo rimescolio delle immagini già realizzate, e quelle in
divenire, in un 'unità che è vitale e differente, proprio come
la vita, la poesia di Dante.
Ho
dipinto così in piena autonomia rispetto ad una lettura
illustrativa. La poesia della Commedia non si configura
in una stretta casella temporale. E sempre viva nel trascorrere
del tempo, in uno spazio dello spirito, che si fa carne e virtù
secondo le vicissitudini degli uomini e degli eventi. Ho pensato
che la mia visione di pittore delle parole di Dante, “le
parole sono pietre” , doveva essere una guida alla fantasia e
all'invenzione, un modo di integrare le forme e il
colore evocate con il
tessuto della nostra vita quotidiana. Non una
traduzione, ma la continua invenzione dell'immagine, una
riflessione sulla continuità della vita e della morte.
Uno
specchio mostruoso e divino che riflette il nostro essere
quotidiano. L 'immane carnaio della sofferenza dei lager, in
una compenetrazione di mostri orrendi. La luce quanto
difficile di un Paradiso illusorio e drammaticamente fantastico,
di concetti non raffigurabili. Le penitenze del Purgatorio non
meno orrende di quelle dell'Inferno, una gradualità di
sofferenze illuminata solo da speranza, senza limiti nel tempo,
ma una luce almeno. La figura sì, può essere deforme e
mostruosa in una metamorfosi continua delle pene e delle
sofferenze; oppure del gaudio e della felicità della fede
raggiunta.
Ma
il pittore col colore può dare e fare un discorso chiaro solo
immedesimandosi nelle parole del poeta. Vivere la passione, che
ha creato l'amore e l'odio, la vendetta e il sottie
mormorio della contemplazione dell'ineffabile .
Allora
si ricorre ad altro. Si entra in un medio, in una
comunicazione che travalica la realtà, il significato dei
versi, delle parole. Ci si immedesima nel fulgore di quello che
Dante ha creato e si è fatto poesia.
Ogni
volta che iniziavo un dipinto, era come immergermi in un
vortice, in un torrente, di cui occorreva risalire il corso.
Ma con pazienza d'invenzione, in un sogno lucido, la
mano e il pennello, quasi automaticamente, riflettevano come
in uno specchio ustorio, il sole di Dante, il colore vero,
l'immagine costantemente perseguita e forse mai raggiunta. Far
lievitare il colore, con la luce che rompe e sfrangia le forme,
il rosso si compenetra con il verde, il blu col giallo e il
carminio: è fuoco, si crea un tessuto, un intrecciarsi dei
vari colori in un magma sulfureo che si intensifica l'uno con
l' altro. Si crea un ribollire dei colori simili e di quelli
contra- stanti, dando così il senso di un fermento vitale.
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L'
esigenza di una moralità pittorica è stata per me continua. Le
motivazioni formali non sono mai state costrittive. La continuità
è data anche dalla rottura e dai salti compositi- vi, dalla
aggregazione di certi motivi continui, dal costante legame
poesia-creazione dell'anima.
Stimolato
dal rapporto quotidiano della vita e
del sogno, in un 'unità trascendente sia la morte che la
vita. Ho cercato di dare corpo ai miei ideali di lotta ,
contro la matta bestialità latente da sempre nell'uomo.
Quella espressione di poesia che la pittura può dare o ha
dato alla mia lettura di Dante. Sono stati momenti, mesi,
anni di elaborazione febbrile, spazi di tempo fatti di riflessioni di letture, di pensieri fissi in cui
elaboravo il dipinto come una materia viva in continua crescita.
Era un Inferno squisito, fatto a volte di rosa e
celesti, a volte di un Paradiso in cui l'inutilità
di tutto quello che l'uomo ha creato, con le parole specchio di
luce, è puro riflesso, negazione della vita. In realtà
in Dante può anche esserci l' espressione
della nullità dello sforzo dell'uomo per essere. Ma la fede,
l'illuminazione divina diventa colore e forma, l' ammasso di carne
palpitante, viya, non può essere oggetto fatto di niente. E vita che
soffre, che palpita, che distrutta dal peccato. Ma esiste il
peccato? E peccato non vivere l'amore.
In
Dante la grandezza dei concetti, immensa,
ripropone continuamente la forma perfetta, il senso e il
timore dell'infinito.
Questo
non vuol dire che il pittore debba negare la forma, il colore,
il disegno, la bellezza. Perciò non deve porre limiti ai modi
di rappresentazione. La pittura non è simbolo; è
estremamente concreta. Si risolve in sè stessa in una lotta
continua con l'essere. Una dialettica della figura del- l' uomo
che dà spazi enormi alla Pittura.
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